Una persona onesta, per bene, magari un po’ compresa di sé e del proprio ruolo com’è il Virgilio che abbiamo conosciuto fin qui nella Commedia, messa in mezzo ad un ambiente di farabutti, nel clima di imbrogli e di farsa che vi è connaturato è comprensibile che si trovi spaesato e finisca per non farci una gran bella figura. Dante ci prepara ad una seconda “umiliazione” del suo maestro (dopo quella subita alle porte della città di Dite: «Li occhi a la terra e le ciglia avea rase / d’ogne baldanza e dicea ne’ sospiri: / chi m’ha negate le dolenti case!» VIII, vv.118-120) e lo fa come sempre con sublime sottigliezza, presentandocelo dapprima sicuro di sé come non mai: «Lo buon maestro» – (me la immagino solo io una leggerissima sfumatura di condiscendenza in questo appellattivo così meno impegnativo di altre volte: “buon maestro”, un po’ come si dice…
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