Gli ipocriti, a prima vista, sembra che siano tutta un’altra cosa dai barattieri.
Il loro canto si apre con una terzina piena di silenzio e di gravitas: «Taciti, soli, sanza compagnia / n’andavam l’un dinanzi e l’altro dopo, / come frati minor vanno per via» (vv.1-3), e lo stacco non potrebbe essere più netto. Dopo il trambusto, la volgarità sfrontatamente esibita e i movimenti fulminei e scomposti di diavoli e dannati della bolgia precedente, è come se, insieme con Virgilio e Dante, ora dovessimo anche noi decontaminarci, in silenziosa solitudine, dalla «fera compagnia» dei Malebranche, subita nel canto precedente (ma anche un po’ accettata in base al semplicistico e incauto assunto che bisogna andare «ne la chiesa / coi santi, e in taverna coi ghiottoni»). Qui, appunto, un sentore di atmosfera ecclesiastica, anzi fratesca, comincia ad avvertirsi, già nella similitudine del v.3: «come frati minor vanno per via».
Chiusa…
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