La dolcezza comincia subito dopo il mancato abbraccio: Dante si meraviglia ma l’altro sorride («l’ombra sorrise e si ritrasse», v. 83) e poi «Soavemente disse ch’io posasse» (v. 85). L’avverbio – che Dante adopera con parsimonia, solo tre volte in tutta la Commedia (in due delle quali riferendolo all’agire di Virgilio: Inf. 19, v.130 e Purg. 1, v. 125) – qui è in posizione forte, all’inizio di un verso, su cui sembra quasi spalmarsi. Dà il tono anche ai versi successivi, in cui Dante, riconosciuto dal timbro della voce l’amico Casella, avvia con lui un dialogo affettuoso, in un delicato scambio di premure reciproche: «ma tu perché vai?» (v. 90), «ma a te com’è tanta ora tolta?» (v. 93).
Spunta ora una questione, quella del tempo, variamente preannunciata dal poeta, e a cui s’era già detto che avremmo dovuto prestare attenzione perché è centrale in questa cantica. Casella doveva essere…
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