Ora Dante è rincorso dalla nuova schiera di anime in cui lui e Virgilio si sono imbattuti, che sono ansiose di parlargli (vv. 48-51: «[…] un poco il passo questa. // Guarda s’alcun di noi unqua vedesti, sì che di lui di là novella porti: / deh, perché vai? deh, perché non t’arresti?»). Quest’ansia si lega assai ben ad un tratto della loro personalità, segnata in modo incisivo dal trauma di una morte violenta e inopinata, che li ha stroncati nel bel mezzo di una vita troppo occupata per aver coscienza di sé: «Noi fummo tutti già per forza morti, / e peccatori infino a l’ultima ora» (vv. 52-53). Una vita toccata solo in extremis dalla grazia, sul limite estremo dell’ultimo battito del cuore, «sì che, pentendo e perdonando, fora / di vita uscimmo a Dio pacificati» (vv. 55-56).
Di quel misterioso momento finale, che precede di un solo attimo…
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