L’ultima volta l’ho fatta grossa: ho interrotto a metà la lezione di Virgilio. L’ho fatto per non tirarla troppo per le lunghe. Anche a scuola, per timore di sforare quando suonava la campanella, qualunque cosa stessi facendo, smettevo subito, raccoglievo le mie cianfrusaglie e me ne andavo dall’aula per non portar via tempo ai colleghi. Però qualche volta lo dicevo ai ragazzi che la scuola idealmente non dovrebbe funzionare così, divisa e parcellizzata in tante scatolette di un’ora. Se una mattina si sta con Dante, piuttosto che con Euclide o con Michelangelo, bisognerebbe poterci stare per tutto il tempo che serve, senza essere incalzati da altro, con agio, senza infliggere alle menti dei sedicenni, quell’improbabile ginnastica che la fa ballare, nell’arco di cinque ore, da un capo all’altro dello scibile. Ma questi sono sogni.
Qui però non siamo a scuola: legge chi vuole, come vuole e per quanto vuole. Va…
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