Non leggeremo il canto VI del Paradiso come “il canto di Giustiniano” o “il canto dell’impero”, secondo la vulgata scolastica che lo mette in asse con il VI dell’Inferno, che sarebbe dedicato a Firenze, e il VI del Purgatorio, riguardante l’Italia, come terzo elemento di una presunta trilogia politica, (che non ha molto senso ritagliare all’interno della Commedia,che è tutta politica). Lo leggeremo piuttosto come il canto di Giustiniano e di Romeo da Villanova, messi sullo stesso grado d’importanza benché il primo occupi 126 versi e il secondo solo 16; e come il canto che più scava sul nesso tra il potere e la persona, o per meglio dire tra l’aspetto istituzionale e impersonale del potere e l’uomo che lo gestisce e/o lo subisce.
Tale nesso è messo a fuoco sin dal primo verso: «Poscia che Costantin l’aquila volse», endecasillabo che salda nel suo centro il…
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